Sequenza fotografica trekking da Berchida a Bidderosa

Sequenza fotografica sul percorso trekking dall'altopiano del Golgo fino a Cala Goloritzè.

mercoledì 28 maggio 2008

La mostra fotografica a Tanca Regia

Di seguito alcune foto realizzate dal laboratorio fotografico dell’Unitre di Abbasanta e presentate a margine del convegno sulla flora sarda tenutosi nella Tanca Regia di Abbasanta il 24 maggio 2008.
Le foto, per il momento, sono solo quelle fatte in digitale e comprendono un po’ tutto il lavoro svolto nel corso fotografico appena concluso. In tale corso si è provveduto dietro la supervisione di Sandro, uno degli istruttori, al lavoro di reportage e allo studio di tutte le fasi fotografiche, dallo sviluppo dei negativi alla stampa delle immagini su carta fotosensibile attraverso la sperimentazione dell’utilizzo della macchina reflex e dell’ uso dei vari obiettivi dal grandangolo e teleobiettivo allo zoom.
In prevalenza i soggetti sono fiori ed erbe in opzione macro, dove si evidenzia la bravura delle allieve Greca, Angela e Antonietta. Gli altri allievi non sono da meno e infatti in seguito metteremo in rete i loro lavori, realizzati con macchine fotografiche analogiche, per intenderci quelle tradizionali con rullino 24x36 in bianco e nero, aventi come oggetto paesaggi, panorami, primi piani, ritratti ect..


















Ritratti





















































mercoledì 30 aprile 2008

martedì 15 aprile 2008

comunicato unitre

cliccare sulle immagini per ingrandire












(da Abbasanta e la sua gente)
a cura di Costantina Frau


Il nuraghe LOSA

Questo nuraghe prende il nome dal catalano Losa che significa lapide, perché nei dintorni si trovano numerose sepolture del periodo nuragico e punico-romano. La sua costruzione è avvenuta in più tempi, tra la seconda metà del secondo millennio a.C. e il periodo della conquista romana. Secondo alcuni studiosi il nuraghe, collegato ad altri della zona, costituiva un luogo di difesa di un centro abitato molto importante. A circa 500 metri da esso si trovano resti di una fonte sacra dove avvenivano le feste in onore delle divinità dell'acqua. La religione nuragica, infatti, oltre a essere animista (si è già citato il culto delle anime degli antenati), era naturalista, si adorava l'acqua, la fertilità maschile e femminile. Il nuraghe ha una forma trilobata, con tre torri addossate a quella centrale, due a sud e una a nord.
Sono unite tra loro da un rifascio esterno. Le torri laterali potrebbero essere del periodo sardo-punico. In origine il nuraghe misurava circa 20 metri ed era composto da tre piani più la terrazza; oggi invece misura solo 13 metri, e si può ammirare nella sua completezza solo il primo piano e parte del secondo.
Il suo ingresso, molto ampio, è volto verso mezzogiorno ed è sormontato da un architrave.
Il corridoio porta alla camera a tholos, una delle più regolari dei nuraghi della Sardegna. Nella tholos, che presenta nelle pareti tré grandi nicchie, in un determinato giorno (solstizio d'estate) il sole scende perpendicolare nella stanza grazie a un foro posto nella sommità della tholos; ciò a testimonianza del fatto che anche il sole era oggetto di culto per i sardi antichi.
Sulla terrazza c'è un ingresso che porta ad una ripida scala che conduce alla tholos di nord-ovest.
A poca distanza dalle mura si trovano diverse aree sacrificali, usate forse per accogliere il sangue degli animali uccisi nelle cerimonie religiose. Numerose sono le urne cinerarie scavate nella roccia basaltica, destinate a ricevere le ceneri dei morti. In esse si nota un rialzo che doveva servire per tenere incastrato un coperchio di pietra per proteggere le ceneri ed evitarne la dispersione. In alcuni loculi furono trovate delle suppellettili risalenti all'età romana e ora conservate ed esposte nel Museo Nazionale di Cagliari.

lunedì 21 gennaio 2008

Breve documento sulla fotografia

(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)
Il documento fotografico
La fotografia divenne strumento inseparabile del viaggiatore e del giornalista, che la utilizzò per divulgare gli eventi e i luoghi meno accessibili. I primi fotografi di viaggio dovettero trasportare l'ingombrante attrezzatura necessaria alla produzione di immagini con i primitivi procedimenti al collodio umido. I primi reportage nacquero già nel 1855, quando Roger Fenton trasportò sui campi di battaglia della Crimea un carro trainato da cavalli con tutto l'occorrente per la preparazione e lo sviluppo delle lastre di vetro. Felice Beato fotografò in India e in Cina, dove documentò il drammatico esito della seconda guerra dell'oppio. Ma non solo la guerra impegnò i fotografi. Grazie al lavoro di William Henry Jackson il Congresso istituì il Parco Nazionale di Yellowstone e nel 1888 venne fondata la National Geographic Society, che finanziò numerose spedizioni nel mondo.
Molti incarichi vennero affidati dalle istituzioni per la documentazione delle opere d'arte e delle città. Vennero prodotti dei reportage dei sobborghi di Glasgow e di altre sociologici e di analisi della popolazione.
La popolazione apprezzò particolarmente le cartoline di città prodotte in quantità considerevoli e la stereografia, procedimento che mediante l'utilizzo di due fotografie ravvicinate rendeva la sensazione della tridimensionalità. Questo procedimento, grazie all'utilizzo di obiettivi di lunghezza focale ridotta, permise la cattura di figure in movimento, stimolando la ricerca verso questo campo. Eadweard Muybridge per primo riuscì a catturare il trotto di un cavallo utilizzando una batteria di apparecchi fotografici, Ottomar Anschütz realizzò il primo otturatore sul piano focale, ma l'utilizzo di tempi sempre più brevi richiese l'adozione di nuovi materiali sensibili, di preparazione più rapida.

Argento portatile
Nel 1871 Richard Leach Maddox mise a punto una nuova emulsione, preparata con bromuro di cadmio, nitrato d'argento e gelatina. Questo nuovo materiale venne adottato solo sette anni dopo, a seguito dei miglioramenti introdotti da Richard Kennet e Charles Harper Bennet. Le lastre così prodotte permisero un trasporto più agevole perché non necessitavano più della preparazione prima dell'esposizione. Questo supporto molto più pratico fu adottato da una nuova categoria di strumenti fotografici, gli apparecchi portatili. Il 1888 vide la nascita della Kodak N.1, una fotocamera portatile con 100 pose già precaricate al prezzo di 25 dollari, introdotta da George Eastman con lo slogan "Voi premete il bottone, noi faremo il resto". Inizialmente il materiale fotosensibile era cosparso su carta che, nel 1891, venne sostituita con una pellicola di celluloide avvolta in rulli, la moderna pellicola fotografica.
Inizialmente senza mirino, l'evoluzione della fotocamera portò all'introduzione di un secondo obiettivo per l'inquadratura e successivamente un sistema a pentaprisma e specchio nella Graflex del 1903, la prima single lens reflex.

L'istantanea
L'Ermanox, una fotocamera con obiettivo da f/2, portato successivamente a f/1.5, permise l'ingresso dei fotografi come Erich Salomon nei salotti e nei palazzi, per ritrarre politici e personaggi famosi. Le fotografie divennero istantanee della vita quotidiana e i fotografi si mescolarono alla gente comune. All'Ermanox si affiancò nel 1932 la Leica, con obiettivo 50mm f/3.5, che introdusse il formato che divenne standard, il 35mm. Questa macchina fu adottata con profitto grazie alla sua maneggevolezza e discrezione da importanti fotografi di reportage come Henri Cartier-Bresson e Walker Evans, oppure artisti come André Kertész. Il flash si trasformò da un incontrollato lampo di magnesio del 1888 in un sistema efficiente e regolabile con il Vacu-Blitz nel 1929, che rese possibile al fotografo lavorare in qualsiasi condizione di luce.
Edwin Land brevettò nel 1929 una pellicola per lo sviluppo istantaneo, che permise alla Polaroid di vendere milioni di apparecchi per fotografie autosviluppanti.

Il colore
Nella fotografia in bianco e nero i diversi colori sono resi con semplici sfumature di grigio e questa rappresentazione è spesso insufficiente a riprodurre alcuni toni di colore, che finiscono per confondersi. A sottolineare maggiormente questo effetto, le prime lastre fotografiche prodotte possedevano una sensibilità diversa ai colori. Riproducevano il bianco e il blu con la stessa luminosità, così come il giallo e il rosso diventavano scuri o neri. Intorno al 1880 furono prodotte le prime lastre ortocromatiche, che reagivano correttamente alle tonalità del blu ma non al rosso e all'arancione. Solo agli inizi del XX secolo le lastre pancromatiche permisero una corretta distinzione dello spettro luminoso nella fotografia in bianco e nero.
La necessità di rendere le immagini sempre più simili al vero richiese l'intervento manuale del fotografo dopo lo sviluppo della lastra. Per sopperire alla mancanza di colore molti fotografi agirono direttamente sulle immagini, utilizzando i pigmenti dell'anilina per sfumare e rafforzare molti ritratti. Nonostante la richiesta sempre pressante da parte dei clienti di immagini a colori, si dovettero attendere gli studi del fisico inglese James Clerk Maxwell che nel 1859 dimostrò con un procedimento definito additivo, la possibilità di ricreare il colore sovrapponendo la luce rossa, verde e blu, chiamati colori primari additivi.
Dieci anni più tardi Louis Ducos du Hauron mise a punto il procedimento che aprì la strada alle emulsioni a colori. Denominato sottrattivo, utilizza i colori complementari o primari sottrattivi.
Applicazione del metodo additivo è la lastra Autochrome dei fratelli Lumière, prodotta nel 1903. La pellicola fotografica di tipo invertibile è figlia del Kodachrome (1935) e dell'Ektachrome (1942), che utilizzarono il metodo sottrattivo con tre differenti strati sensibili, mediante filtri colorati, alle tre frequenze di luci corrispondenti all'azzurro, al rosso e al verde.
La pellicola per negativi a colori ebbe origine dalla Kodacolor del 1941, dove è presente l'inversione delle luci e dei colori. La Ektacolor della Kodak, messa in commercio nel 1947, permise lo sviluppo casalingo della pellicola negativa a colori.

Il digitale
Il progresso dell'elettronica permise di adottare alcune delle ultime scoperte anche nell'acquisizione delle immagini. Nel 1957 Russell Kirsch trasformò una fotografia del figlio in un file attraverso un prototipo di scanner d'immagine. Nel 1972 la Texas Instruments brevettò un progetto di macchina fotografica senza pellicola, utilizzando però alcuni componenti analogici. La prima vera fotografia ottenuta attraverso un processo esclusivamente elettronico fu realizzata nel dicembre 1975 nei laboratori Kodak dal prototipo di fotocamera digitale di Steven Sasson. L'immagine in bianco e nero del viso di una assistente di laboratorio fu memorizzata su un nastro digitale alla risoluzione di 0.01 Megapixel (10000 pixel), utilizzando il CCD della Fairchild Imaging.
Le altre ricerche sulla fotografia digitale furono rallentate dai continui miglioramenti delle fotocamere a pellicola, che proposero modelli sempre più semplici e comodi da usare, come la Konika C35-AF del 1977, il primo modello di fotocamera totalmente automatica. Solo quando le emulsioni fotografiche non permisero ulteriori miglioramenti e la tecnologia digitale raggiunse un livello qualitativo equiparabile, allora l'interesse dei consumatori si trasferì sul nuovo procedimento.
Il digitale sostituì la pellicola nei settori dove la visione istantanea del risultato era un fattore determinante, come nel giornalismo, che usufruì anche della facilità di trasmissione delle immagini via internet. Inoltre la produzione di un gran numero di compatte digitali totalmente automatiche invase il mercato riscontrando il favore del fotografo occasionale, che poté conservare e rivedere le immagini direttamente nella fotocamera.
Anche se il digitale è acclamato come una rivoluzione della fotografia, le regole per ottenere i migliori risultati risalgono ai pionieri del XIX secolo, dove era importante una buona esposizione e una attenta composizione dell'immagine.

Bibliografia
Breve storia della fotografia, Jean-A. Keim - Einaudi - ISBN 8806126172
Storia della fotografia, Beaumont Newhall - Einaudi - ISBN 8806571338
Cronologia della fotografia - Reflex online
(EN) A history of photography, Therese Mulligan e David Wooters - Taschen - ISBN 3822847771
Arte e fotografia, Aaron Scharf - Einaudi
Il libro della fotografia, Feininger A., Garzanti Editore, 1961

martedì 15 gennaio 2008

Cenni sulla storia della fotografia

(da www.internetcamera.it)

Le notazioni storiche che seguono considerano le conoscenze ed i fatti e che determinarono l'invenzione: da allora i cardini della fotografia non sono cambiati anzi hanno generato un sistema; per questo motivo le innovazioni introdotte dal digitale non costituiscono una vera e propria rivoluzione, semplicemente sostituiscono il supporto che cattura la luce come è successo altre volte nel passato; questo produce una serie di cambiamenti importanti nel modo, nella destinazione d'uso e nei contenuti della fotografia, ma senza alterare il sistema scrittura con la luce (fotografia).

Gli elementi fondamentali
Il procedimento venne messo a punto nella prima metà dell'ottocento; il carteggio fra personaggi emblematici, l'analisi delle cronache, la presentazione dei brevetti, ha permesso di definire date certe e paternità. Nei paesi di lingua inglese l'apparecchio fotografico viene comunemente detto camera, e tale termine viene ormai adottato dai fotografi di tutto il mondo; esso deriva da un principio di fisica: la camera obscura.

Il termine viene considerato da alcuni una voce dotta, ma è opportuno mantenere la distinzione fra l'antenata dell'apparecchio fotografico e una qualunque stanza priva di illuminazione. Il principio fu intuito da Aristotele osservando un'eclissi solare e fu successivamente descritto dallo scienziato arabo Alhazen, vissuto a cavallo dell'anno Mille: una stanza immersa nell'oscurità, in cui si apriva un foro circolare, consentiva di osservare sulla parete opposta l'immagine capovolta del sole; nei secoli successivi fu menzionata da astronomi e filosofi, tra cui Bacone e l'Arcivescovo di Canterbury, Peckham . Naturalmente essa consente di osservare anche altri oggetti anteposti al foro, purché fortemente illuminati, e se viene ridotta alla dimensione di una scatola, l'immagine può essere vista dall'esterno sostituendo la parete di fondo con uno schermo traslucido, ad esempio un vetro smerigliato o un pezzo di carta semitrasparente. Affinché l'immagine sia nitida il foro deve essere molto piccolo e viene appunto definito stenopeico.

Sostanze fotosensibili
La luce, in particolare quella solare, produce cambiamenti su molte sostanze, la pelle si abbronza, alcune resine induriscono, i capi colorati sbiadiscono. Se fotografia sta per scrittura con la luce (della luce) allora si può lasciare un segno anche sulla buccia di una mela durante la sua maturazione semplicemente interponendo fra sole e frutto un elemento opaco, e ciò sarà fotografia a tutti gli effetti, così come lo è il segno lasciato dal costume sul corpo di un bagnante; sintetizzando ciò che conta è un materiale fotosensibile ed una sorgente luminosa.

Gli alogenuri d'argento
Fra le sostanze che subiscono alterazioni in presenza di luce, per noi riveste particolare importanza il nitrato d'argento, o meglio alcuni composti chimici derivati, chiamati alogenuri d'argento: il bromuro, il cloruro e lo ioduro. Alcune proprietà di questi sali erano già state notate nel XIII e XVII secolo, ma i primi esperimenti scientifici sul loro annerimento furono pubblicati nella metà del '700 da J. H. Schulze, da Giovanni Battista Beccaria e da J. Senebier.

lunedì 14 gennaio 2008

August Sander














(da http://www.cultframe.com/)




















August Sander - (Ritratti)

Considerato il padre della ritrattistica moderna tedesca, nonché un precursore della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit), la corrente che vedrà nella fotografia "lo strumento di una nuova visione" aliena da ogni artificio tecnico o estetico.
"La fotografia è come un mosaico: raggiunge la sua sintesi solo quando si può mostrarla tutta insieme", scrive il fotografo tedesco e, riferendosi ai primi dei suoi innumerevoli ritratti, quelli dei contadini, scattati già nel 1911, aggiunge: "Queste persone ... mi sembravano, anche per il loro legame con la natura, designati apposta per incarnare la mia idea di archetipo".





















(i gemelli)





Abbasanta 1927